Storia: Cartaginesi in Sardegna

Cartaginesi...

Nel 510 a.C., la Sardegna passò nelle mani di Cartagine, attivissima nei traffici commerciali ed avviata a diventare nell'area mediterranea una potenza economica politica e militare.

Secondo alcuni storici la progressiva trasformazione dei nuclei commerciali fenici in veri centri urbani deteriorò i buoni rapporti con le comunità nuragiche; così le colonie fenicie sarde, sentendosi minacciate dalle intenzioni bellicose delle popolazioni nuragiche, chiesero aiuto a Cartagine che intervenne in loro difesa.

Secondo altri storici invece l'intervento cartaginese fu un'operazione diretta a soffocare la resistenza delle città fenicie sarde di fronte all'espansionismo di Cartagine nel Mediterraneo Occidentale.

Nel 509 a.C. dopo anni di lotta i Cartaginesi guidati dai generali Amilcare e Asdrubale riuscirono ad occupare l'isola grazie soprattutto all'insanabile divisione dei Sardi.

L'occupazione punica trasformò radicalmente l'organizzazione della società sarda e le città divennero il centro del potere politico, economico, religioso, militare: era un modello di organizzazione sociale sconosciuto, fino a quel momento, alle popolazioni dei piccoli villaggi nuragici.

Le città puniche erano ricche di edifici ed avevano efficienti strutture pubbliche come strade, acquedotti e fognature. Diverse iscrizioni epigrafiche dimostrano che le città sardo-puniche ebbero una forma di governo simile agli altri centri cartaginesi del Mediterraneo: la più alta magistratura erano i Sufeti, o giudici, che erano due e rimanevano in carica per un anno. I Sufeti erano affiancati da due assemblee: quella degli anziani e quella del popolo. La prima era una sorta di senato, composto di un numero ristretto di membri appartenenti all'aristocrazia. L'assemblea popolare era invece composta da tutti gli altri cittadini. Alla base della piramide sociale stavano gli schiavi che non avevano diritti politici e civili.

Per quanto riguarda l'organizzazione militare, i resti di insediamenti fortificati dimostrano la presenza diffusa di truppe, probabilmente mercenarie. Il Capo dell'organizzazione militare era un magistrato che coordinava l'attività dei soldati nell'isola.

I terreni fertili erano nelle mani di una classe di proprietari che possedeva vasti latifondi coltivati dagli schiavi. I frutti di questi latifondi finivano a Cartagine oppure andavano a soddisfare le necessità dei suoi eserciti dislocati nelle varie regioni del Mediterraneo.

La Sardegna era un importante nodo di una estesa rete commerciale: cereali, oggetti di artigianato, minerali lasciavano i porti dell'isola diretti verso le più importanti città del Mediterraneo. In quest'attività mercantile si distinse Tharros, la più ricca tra le città isolane.

L'introduzione della moneta la sua coniazione e la larga circolazione nell'Isola rappresentarono un elemento ulteriore di sviluppo economico in età punica, sostituendo il tradizionale baratto che costituiva per le popolazioni nuragiche il normale mezzo di scambio commerciale.

I fitti rapporti commerciali tra i Fenicio-Punici e le popolazioni nuragiche, comportarono anche intensi rapporti e scambi culturali, evidenti nelle forme artigianali e artistiche e nelle manifestazioni religiose.

In tutta l'Isola sono stati ritrovati i prodotti dell'artigianato punico: gli scarabei e le pietre vitree multicolori che andavano a formare amuleti e collane; gli eleganti idoli in bronzo o in terracotta rinvenuti anche all'interno di alcuni complessi nuragici. D'altra parte i bronzetti sardi, trasportati dai Fenici nei loro viaggi, sono stati ritrovati anche in altre zone del Mediterraneo.

Ricca è anche la produzione di statuette in terracotta che rappresentano diversi soggetti, alcune di queste, raffiguranti la dea delle messi Demetra,una divinità di origine greca, erano utilizzate come bruciaprofumi.

La ceramica ha forme funzionali e rituali, sono stati trovati urne e vasetti per profumi a forma di animale, quasi mai è un puro ornamento. La terracotta era utilizzata anche per le maschere, alle quali veniva attribuita una funzione apotropaica, cioè la capacità di allontanare gli spiriti del male: molto nota è quella ritrovata a San Sperate e conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

Le sculture di grandi dimensioni erano fatte di pietra arenaria: la statua del dio Bes, una divinità di origine egizia, della quale sono stati rinvenuti diversi esemplari, è conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Notevole era anche la produzione di cippi e steli votive.

I Fenicio-Punici introdussero in Sardegna il culto delle loro divinità: del dio Hammon e della dea Tanit (aveva il suo santuario a Nora presso Pula(CA) ), che nell'area semita venivano considerate manifestazioni di un unico dio, Baal.

L'esempio più singolare di sincretismo religioso sardo-punico è il caso del Dio Sid, antico nome della divinità che i Romani ribattezzarono Sardus Pater. Venerato nel santuario di Antas (Fluminimaggiore), era una sorta di divinità nazionale. Le genti del posto, infatti, avevano aggiunto al nome originario della divinità l'appellativo sardo Babai, cioè padre.

Alcuni studiosi ritengono probabile che in Sardegna, venissero praticati, dai Fenici, sacrifici umani di bambini: i loro resti bruciati sarebbero stati deposti in piccole urne conservate in recinti-santuario detti tophet.

Altri studiosi, invece sono propensi a ritenere che si trattasse, in realtà, di ossa di bambini già morti che venivano bruciate in onore della divinità.

Dove un tempo sorgevano Sulci, Bithia, Monte Sirai e Tharros sono ancora oggi visibili i resti delle necropoli puniche. I defunti venivano cremati, le ceneri erano riposte all'interno di un'urna in terracotta, l'urna veniva riposta insieme al corredo funebre all'interno di una cassetta di pietra che, infine veniva ricoperta di terra.

Nelle necropoli di Tuvixeddu a Cagliari e in quelle di Sulci e di Monte Sirai le tombe, scavate nella roccia, sono vere e proprie camere sepolcrali alle quali si accede in certi casi tramite un pozzo, che veniva ricoperto di terra dopo la deposizione, e in altri casi attraverso un corridoio d'accesso chiamato dromos. Molte di queste tombe sono decorate da pitture o rilievi e spesso sulle pareti interne è raffigurato il caratteristico segno della dea Tanit.