La sagra di sant'Efisio
La storia di sant’Efisio è molto particolare, esso infatti era un persecutore dei cristiani che, in Sardegna per uccidere i religiosi, a seguito di una visione divina si convertì e diventò grandissimo seguace di Cristo. Chiamato dal suo imperatore Diocleziano a rinnegare la sua religiosità si rifiutò, e fu cosi decapitato nel carcere di Nora nel 303dc.
La sagra di sant’Efisio rappresenta per tutti i cagliaritani un momento particolarmente solenne, si ricorda infatti Efisio, patrono del capoluogo sardo.
La venerazione di Efisio da parte dei Cagliaritani ha inizio nel 1652, quando la popolazione, decimata dalla peste trova nel martire un motivo di fede e di speranza, ed effettivamente nel 1656 grazie all’intercessione del santo martire la peste viene sconfitta. Da allora il 1 maggio di ogni anno il popolo cagliaritano si stringe attorno al suo santo patrono dedicandoli una della feste più particolari e seguite dell’intera nazione.
La sagra, che dura quattro giorni, è l'unica che compie un percorso che non conosce soste, se non per la notte. L'unica capace di unire tutte le genti di un'isola che è stata definita un "continente", per le grandi differenze culturali, sociali ed economiche presenti nel suo territorio.
Inizialmente la sagra era solo una piccola processione che accompagnava il santo a Nora, partecipavano i confratelli e le consorelle, alcuni miliziani, lo storico AlterNos, rappresentante del sindaco di Cagliari, e i fedeli.
Dopo la liberazione dala peste, la popolazione cagliaritana si è sempre più affezionata ad Efisio, facendo diventare la sua festa un evento di fede e di costume.
Si aggiunsero alla processione i “Cavalieri campidanesi”, e gruppi in costume proveniente da tutta la Sardegna.
Oggi ogni 1° maggio, a Cagliari, sfilano circa 5.000 persone. Aprono una trentina di "traccas", antichi carri trainati da buoi, splendidamente addobbati con i prodotti dei campi, gli utensili della casa, i prodotti tipici della gastronomia sarda.
Seguono i gruppi in costume, a piedi, che recitano o cantano le preghiere della tradizione religiosa isolana, creando un clima instensissimo.
Dietro i costumi ci sono i cavalieri, la parte più spettacolare della Sagra:
dapprima quelli "campidanesi" seguiti dalle giubbe rosse dei miliziani, la scorta armata del Santo..
A mezzogiorno il Santo esce dalla sua chiesetta di Stampace, dentro un cocchio dorato trainato da una coppia di buoi. Precedono il cocchio la "Guardiania" e il cilindro, corpo scelto dei confratelli di Sant'Efisio che accompagnano a cavallo il Santo lungo il tragitto cittadino.
Quindi l'AlterNos, scortato da due mazzieri del Comune in abito di gala e due fila di confratelli e consorelle in abito penitenziale.
Il suono delle "launeddas", tipico strumento a fiato sardo, è la cornice sonora del passaggio del Santo fra la folla che commossa, partecipa al secolare rito.
E passa, Efisio, tra la sua gente che non ha dimenticato i suoi interventi a favore di Cagliari e della Sardegna.
Giunto di fronte al Municipio, in una Via Roma infiorata (è il rito de "sa ramadura"), il cocchio del Santo viene salutato dalle sirene delle navi in porto e da un'ovazione della gente presente che, in piedi, si segna al suo passaggio.
La sagra, a quel punto, diventa festa di campagna: si passa per La Maddalena, Su Loi, Sarroch, Villa San Pietro, Pula e Nora. Dovunque si ripetono delle piccole sagre, con celebrazioni religiose e banchetti dove tutti sono invitati, nel segno della massima accoglienza e ospitalità.
Il 4 maggio la strada del ritorno: solo a tarda sera, alla luce di mille fiaccole, Sant'Efisio dentro il suo cocchio, fa rientro nella sua chiesetta stampacina.
Ancora fra migliaia di devoti che fanno ressa per poter entrare nel piccolo tempio, per stare ancora vicino al "loro" santo protettore.
"Atrus annus" è il saluto e l'augurio che ci si scambio. "Ad altri anni", perché a Stampace il 5 maggio si pensa già alla sagra dell'anno successivo.