Storia: Il primo dopoguerra in Sardegna

Il primo dopoguerra..

Nel corso degli anni 1919-22, la situazione politica nazionale fu sconvolta da una serie di eventi importanti: la nascita del Partito Popolare Cattolico; la formazione del Partito Comunista d'Italia, lo sviluppo del movimento operaio e delle organizzazioni dei lavoratori e lo sviluppo del movimento fascista con l'azione violenta delle sue "squadre".

Antonio Gramsci, intellettuale sardo nato a Ales (OR), fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia, strenuo difensore delle idee comuniste, morì in carcere prigioniero dei fascisti.

Anche la Sardegna fu investita da questi processi ed anche nell'isola entrarono in azione le squadre fasciste.

Con l'ascesa al governo di Mussolini, le squadre si moltiplicarono, e la loro azione violenta si fece più intensa, con scontri e spedizioni punitive contro avversari socialisti, popolari e sardisti.

Con le leggi "Fascistissime", volute da Mussolini per abbattere le opposizioni, scomparvero tutti i partiti e con loro le libertà politiche e civili, ma soprattutto il sogno di una Sardegna autonoma. Nonostante le opere di trasformazione, come le bonifiche, e la creazione di nuovi centri (Fertilia nella Nurra e Mussolinia oggi Arborea, nell'oristanese) attuati durante il fascismo, il mondo rurale sardo si trovò nelle condizioni iniziali.

Più incisivo fu l'intervento nel settore minerario: fu incoraggiato lo sviluppo delle miniere dell'iglesiente e lo sfruttamento delle risorse di carbone nel Sulcis, dove nel 1938, fu creata la nuova città di Carbonia.

Anche la massiccia propaganda attuata dal regime per unificare la nazione sotto il profilo culturale funzionò, in Sardegna, solo in parte: le culture locali non furono soffocate, così come la lingua sarda, i costumi e gli usi tradizionali, che il fascismo avrebbe voluto abolire.

L'organizzazione fascista dello stato fu accolta con indifferenza dal mondo rurale sardo, che espresse un consenso molto limitato al regime: soltanto la borghesia e il mondo urbano espressero nell'Isola un'adesione ampia. Anche la Sardegna in ogni modo sperimentò le conseguenze della politica totalitaria del regime: controllo sulla stampa, sulla scuola e su ogni manifestazione della vita pubblica.

Ogni opposizione era soffocata con arresti e condanne al confino. Un vero e proprio antifascismo militante si espresse da parte dei Sardi soprattutto all'estero, tra le file di numerosi emigranti: in Francia, Tunisia, America del Sud.

Molti sardi ad esempio, militarono come volontari nelle Brigate Internazionali, contro l'esercito franchista, durante la Guerra di Spagna (1936-39).